Il confine tra appalto di servizi e la somministrazione di...

2022-10-26 12:45:50 By : Ms. Sophie Liang

La Cassazione penale spiega con chiarezza cosa succede quando si oltrepassa il confine tra un genuino appalto di servizi e si entra nell’area della somministrazione di manodopera.

Lo scorso 14 giugno 2022 è stata pubblicata un’importante sentenza della Cassazione (Cassazione Penale, Sez. 4, 14 giugno 2022, n. 23137) dove è stata analizzato il caso di un infortunio in cui il confine non ben definito tra un appalto di servizi e la somministrazione di manodopera, aveva portato, nei primi due gradi di giudizio, alla condanna del datore di lavoro dell’azienda committente e del preposto dell’impresa subappaltatrice.

Situazioni simili a quella oggetto della pronuncia della Suprema Corte sono, purtroppo, piuttosto diffuse nel panorama produttivo italiano.

Le cause sono ampiamente note così come noto è l’immobilismo del legislatore che non è mai intervenuto con una strategia di ampio respiro in grado di incidere sulle variabili organizzative, economiche e fiscali che sono alla base della genesi di queste situazioni.

Andando alla disamina della pronuncia della cassazione, la Corte d'appello di Milano, in data 3 febbraio 2021, aveva confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Milano, il 19 marzo 2018, aveva condannato il legale rappresentante (C.C.) dell’azienda committente e il preposto della cooperativa in subappalto alla pena ritenuta di giustizia, nonché l’azienda appaltatrice alla sanzione pecuniaria da illecito amministrativo in relazione al delitto di lesioni personali colpose con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e, quanto all'anzidetta società, al connesso illecito amministrativo di cui all'art. 25-septies comma 3, D.Lgs. 231/2001, contestato come commesso il 16 agosto 2013 in danno di un lavoratore di una cooperativa operante in subappalto dall’impresa appaltatrice.

Quest’ultimo incorreva in un infortunio sul lavoro nell'esecuzione di lavori di pulizia nella parte sottostante un nastro trasportatore, ubicato all'interno di un capannone, mentre il nastro era in movimento e non risultava protetto dalle griglie di protezione. In particolare, nel corso dell'attività di pulitura, la vittima si abbassava sotto il nastro trasportatore e, a un certo punto, urtava con il capo uno dei rulli di azionamento; istintivamente portava le braccia a protezione della testa e così il braccio destro rimaneva agganciato e veniva trascinato.

Il legale rappresentante dell’azienda committente aveva risposto del reato nella sua qualità di datore di lavoro di fatto dell’infortunato. Ciò perché l’azienda committente aveva affidato in appalto ad un’impresa la selezione dei rifiuti per la raccolta differenziata; questa, aveva a sua volta subappaltato l'esecuzione dei servizi, d'intesa con l’azienda committente, ad una società cooperativa consociata dalla quale formalmente dipendeva il lavoratore infortunato.

Per i giudici di merito, al di là dell’aspetto formale, la posizione del lavoratore infortunato era, nella realtà, quella di dipendente di fatto dell’azienda committente, con conseguente assunzione della posizione di garanzia di “datore di lavoro di fatto”, da parte del legale rappresentante dell’azienda committente atteso che quella della società cooperativa veniva qualificata come una prestazione di somministrazione di lavoro.

Gli addebiti mossi al datore di lavoro dell’azienda committente riguardavano la violazione degli obblighi dell’art. 71 e dell’art. 36 del D.Lgs. n. 81/2008 e, in particolare:

Per quest’ultimo punto, infatti, era emerso che l’infortunato non conosceva la procedura specifica per la pulizia dell’impianto già in vigore prima dell’evento.

Per il preposto della cooperativa in subappalto, l’addebito riguardava l’aver fornito disposizioni all’infortunato, tramite un altro collaboratore, di effettuare le pulizie in corso di esecuzione al momento dell'incidente.

All’azienda committente, inoltre, era stato addebitato l’illecito amministrativo (art. 25-septies, comma 3, D.Lgs. n. 231/2001) in quanto l'esecuzione del servizio di pulizia con macchine in movimento aveva costituito un vantaggio per l'impresa, consistente nel risparmio derivante dall'omessa interruzione del funzionamento dell'impianto.

Un ulteriore vantaggio era stato ravvisato nella mancanza di formazione e di informazione dei lavoratori, di fatto sottoposti al potere direttivo dell’azienda committente.

La Corte d’appello di Milano, nel confermare la sentenza di primo grado, aveva respinto le doglianze del datore di lavoro dell’azienda committente riguardo l'attribuzione, in capo al medesimo, del ruolo di datore di lavoro di fatto e della correlata posizione di garanzia nei riguardi della persona offesa, nonché del fatto che quest'ultimo fosse a conoscenza delle procedure di pulizia vigenti presso la società, escludendo anche la natura abnorme del comportamento della vittima.

Per quanto riguarda la posizione del preposto della cooperativa in subappalto, la Corte d’appello aveva respinto le doglianze riguardo la posizione di “preposto di fatto” a lui attribuita, sul rilievo che questi, pur organico alla cooperativa, era il referente di quest'ultima presso l’azienda committente ed incaricato di trasferire gli ordini dell’azienda committente ai lavoratori della cooperativa.

Infine, anche le censure mosse dall’azienda committente riguardo la responsabilità da illecito amministrativo e, in specie, della configurabilità dell'addebito come collegato a un vantaggio che la società avrebbe ottenuto, sono state respinte evidenziando che, contrariamente a quanto sostenuto dalla società stessa, il requisito del vantaggio era nella specie configurabile, essendo ravvisabile ex post su base oggettiva e in relazione agli effetti che ne derivavano, essendo inoltre evidente il collegamento causale tra le carenze addebitate alla società e al suo titolare e l'evento lesivo verificatosi.

A fronte della conferma in appello della sentenza di primo grado, il datore di lavoro dell’azienda committente, il preposto della cooperativa subappaltatrice e la società committente avevano fatto ricorso in Cassazione.

Il datore di lavoro dell’azienda committente motivava il suo ricorso come segue:

Pertanto, secondo la difesa, le violazioni attribuite al datore di lavoro dell’azienda committente, ivi comprese quelle relative all'omessa formazione e informazione dei lavoratori, partivano da una premessa errata e peraltro non veritiera, come risultava da alcune dichiarazioni testimoniali emerse in dibattimento.

Il ricorso della società committente, invece, era centrato sul confutare il ruolo datoriale di fatto attribuito alla stessa nei confronti dell’infortunato con le motivazioni evidenziate nel ricorso del datore di lavoro.

Il ricorso del preposto della cooperativa subappaltatrice era motivato come segue:

La Cassazione, esaminati i ricorsi presentati li ha respinti valutandoli come inammissibili. Le motivazioni per cui il ricorso del datore di lavoro dell’azienda committente è stato respinto sono le seguenti:

In merito al ricorso dell’azienda committente, la Cassazione ha evidenziato che benché questo fosse finalizzato a contestare la condanna per l'illecito amministrativo di cui all'art. 25-septies comma 3, D.Lgs. n. 231/2001, era quasi identico a quello presentato per conto del datore di lavoro ed aveva in definitiva analoghe finalità, che si ponevano "a monte" della questione (non affrontata nel ricorso) del perseguimento dell'interesse o del vantaggio dell'ente (questione non toccata nel ricorso, ma che era stata correttamente affrontata e risolta dalla Corte d’appello), limitandosi a confutare la veste datoriale della società e l'inquadramento dell’infortunato alle dipendenze di fatto della stessa.

Ne consegue che anche il ricorso dell’azienda committente va dichiarato inammissibile, per ragioni del tutto analoghe a quelle viste per il ricorso del suo datore di lavoro.

La Corte di Cassazione ha giudicato inammissibile anche il ricorso del preposto della cooperativa subappaltatrice.

Le motivazioni sono le seguenti:

Preso atto di questo orientamento, del tutto condivisibile stante l’attuale legislazione, è opportuno concludere raccomandando, in particolare ai colleghi RSPP, la massima attenzione riguardo a situazioni simili di cui venissero a conoscenza all’interno delle aziende per cui svolgono tale incarico sia da dipendente che da consulente esterno, segnalando al datore di lavoro la non liceità dei rapporti contrattuali in atto e raccomandando una attenta revisione dei processi direttivi e decisionali intercorrenti nel rapporto tra committente e appaltatore/subappaltatore.

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 - Sentenza n. 23137 del 14 giugno 2022 - Infortunio sul lavoro durante la pulizia nella parte sottostante di un nastro trasportatore. Posizioni di garanzia di fatto e illecito amministrativo dell'ente

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